Foto e Fotografie che hanno fatto la storia – NAPALM GIRL di NICK UT

LA VERA STORIA DI NAPALM GIRL – (Curiosità, aneddoti, il dietro le quinte)
Nick Ut (Fotografo) – Kim Phuc (la Bambina)

Una foto che ha fatto il giro del mondo, che è valsa il Premio Pulitzer nel 1973 a Nick Ut, fotografo e autore di una delle immagini più vere e struggenti di sempre, amata e contrastata, venerata e odiata, censurata e pubblicata.
Nick Ut, dopo che suo fratello fu ucciso nel 1965 all’età di 27 anni, entrò in AP (Associated Press) nel 1966. Cominciò a lavorare prima in camera oscura e in seguito divenne fotografo di combattimento, proprio come suo fratello.

(Scatto noto ai molti, ma era frutto di un crop in fase di stampa e riproduzione)

Napalm Girl – questo è il titolo di questo famosissimo scatto – incontrò fin dall’inizio problemi di censura. Quando Nick Ut inviò la sua foto all’ufficio dell’AP negli USA, la foto rischiò di essere rifiutata perché le regole per pubblicare la nudità erano molto rigide all’epoca. Alla fine i redattori di Associated Press convennero che il valore della foto e della notizia era superiore alle riserve sulla nudità.
Ma non solo.
Lo stesso Richard Nixon (allora Presidente degli Stati Uniti) dubitò dell’originalità dello scatto, affermando che la foto fosse un falso e che la ragazza fosse stata forse bruciata con l’olio poiché fino ad allora nessuno era sopravvissuto ai bombardamenti al napalm.

 

 

Nel 2016, Napalm Girl fu al centro di un caso diplomatico internazionale, con protagonisti Facebook da una parte (che ne aveva censurato il contenuto) e lo scrittore norvegese Tom Egeland che si vide chiudere la pagina per aver diffuso il nudo di un’adolescente.

A seguire, anche profili di organi di informazione norvegesi e altri eminenti personaggi si videro coinvolti e censurati, dimostrando come la censura spesso si scontra con l’arte e il diritto di cronaca senza saper distinguere ciò che è giusto e non giusto (soprattutto quando la scelta viene lasciata in mano ad algoritmi incapaci di saper discernere in maniera ponderata una immagine da un’altra).
Il più importante quotidiano norvegese, Aftenposten, in prima pagina, prese netta posizione contro la censura dell’azienda di Zuckerberg con una lettera aperta firmata dal direttore del giornale, Espen Egil Hansen.
La vicenda coinvolse addirittura il Governo norvegese dell’epoca.

 

 

Ma questo è solo uno dei tanti casi che ha visto coinvolta questa immagine, oramai datata 50 anni. Infatti, Napalm Girl porta la data del 8 giugno 1972, giorno in cui era stato deciso un bombardamento a Trang Bang, nel Vietnam del Sud, da parte della forza aerea del Vietnam del sud a danno del villaggio occupato dai Nord vietnamiti.
In quel frangente, Nick Ut e altri fotografi ricevettero una soffiata dell’attacco militare; questo aveva indotto  il  fotoreporter vietnamita della Associated Press a presidiare la zona, per testimoniare con la propria macchina fotografica l’attacco militare.

 

(Scatto originale, non croppato. Ritraeva a destra il soldato documentarista David Burnett atto a riavvolgere la pellicola oramai terminata)

Nick – che all’epoca aveva 21 anni – racconta di aver atteso oltre 3 ore

 

“A un certo punto ho visto un soldato vietnamita sganciare una granata. Poi vidi gli elicotteri sopra la pagoda sganciare due bombe e qualche minuto dopo le bombe al napalm” – racconta Nick durante un’intervista rilasciata a Milano al Corriere della Sera lo scorso giugno, durante l’inaugurazione della mostra a lui dedicata «From Hell to Hollywood».

“Vidi persone correre fuori dal fumo nero scaturito dall’impatto. Una di queste persone era la nonna di Kim, che portava il corpo di un bambino di tre anni. Le scattai una foto ma il bambino dopo poco morì. Poi ho visto Kim apparire e correre verso la nostra direzione. In quel momento mi sono avvicinato per fare la foto. Dopo aver scattato pensai che sarebbero tutti morti.

Quando Kim mi superò vidi il suo braccio e la sua schiena tremendamente straziati. Non feci altri scatti perché credevo sarebbe morta da lì  a poco. Avevo quattro macchine fotografiche, le lasciai lì e corsi con una bottiglia d’acqua per versarla sul  suo corpo; «brucia, brucia» urlava.
Non voleva l’acqua sul corpo, voleva berla. Rimasi con un operatore della BBC ad aiutarla. Avevo un piccolo furgoncino, lo aprii e feci salire lei e altri bambini. Malgrado tutto, lei chiedeva del fratello.
Arrivammo in un piccolo ospedale in 30 minuti. Chiesi ai medici di aiutarla, ma non avevano abbastanza medicine. Mi aiutarono allora a portarla a Saigon.”

 

Nick, dopo aver lasciato Kim si recò subito alla Associated Press di Saigon e da lì a poco la foto “Napalm Girl” era sviluppata.
La mattina Nick volle tornare al villaggio. Il caso volle che incontrasse sul posto una donna e il marito che cercavano la figlia. Nick mostrò loro la foto che permise di riconoscere Kim come la figlia e scoprire che era ricoverata in ospedale.

 

Nick Ut e Kim Phuc

 

Kim Phuc – il nome della bambina di Napalm Girl – all’epoca aveva 9 anni; rimase in ospedale per 14 mesi ed nel corso della sua vita ha subito 17 operazioni, l’ultima nel 1984 in Germania. Dopo il Vietnam ha vissuto prima a Cuba poi in Canada dove ha preso la cittadinanza canadese ed è ora  rappresentante Unesco.

Nick Ut  si è trasferito a Los Angeles, dove vive ancora oggi. Ha lavorato anche per Hollywood, ma ha sempre sostenuto le battaglie per i diritti umani.
La sua foto è stata anche nominata World Press Photo of the Year dopo essere apparsa sulle prime pagine di oltre 20 importanti quotidiani statunitensi.
Non ci sono prove a sostegno dell’affermazione apocrifa che “Napalm Girl” abbia accelerato la fine della guerra del Vietnam, ma senza dubbio la foto è diventata un simbolo del sentimento contro qualsiasi forma aberrante di guerra.

 

 

CURIOSITA’ TECNICA
Napalm Girl è stata scattata con una Leica M2 su pellicola Kodak Tri-X 400 poiché in Vietnam erano disponibili solo le versioni 400 e 200. La fotocamera esiste ancora ed è conservata al “Newseum” a Washington DC.

 

Luca De Nardo

 

(Articolo pubblicato sul numero 4 di “ART & GLAMOUR Magazine“)