Intervista a Massimo Vecchi (#CHIAMAMINUDO)
L’INCONTRO CON MASSIMO VECCHI, FOTOGRAFO NON NATO CASUALMENTE, PERCHE’ INNANZI TUTTO UN PROFESSIONISTA, MA COSA PIU’ IMPORTANTE, UN ARTISTA
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Il suo background e la sua storia professionale non lasciano dubbi. Siamo di fronte non solo ad un interprete capace di cogliere il lato prettamente artistico della fotografia, ma di un professionista che opera nella comunicazione pubblicitaria da oltre 30 anni. Successivamente Massimo Vecchi decide di dedicarsi in maniera attenta, scrupolosa, minuziosa e con un’ampia visione di insieme alla fotografia di Nudo.
Per dirla in altre parole, non incontriamo un fotografo nato dal caso, ma un professionista, ma soprattutto un Artista che ha una chiara visione di insieme, sia in ambito fotografico, sia in ambito della comunicazione.
Proviamo a rivolgergli alcune domande, con l’intento di leggere un intero del mondo della fotografia di nudo, contestualizzando nell’ambito della nostra società odierna.
LDN – Massimo, parliamo di Fotografia come Arte, di Nudo come Arte. La storia dell’arte è pregna di nudo, come rappresentazione dell’Essere Umano.

Secoli di rappresentazioni nei suoi vari linguaggi e opere. Tuttavia, ancora oggi, il nudo è percepito come qualcosa di sbagliato, inopportuno. Come è possibile che il concetto di nudo, ovviamente non fine a se stesso, è visto come qualcosa di SPORCO?
MV – Questa è una bellissima domanda e dovremmo riflettere attentamente.
Sono da oltre 30 anni nel mondo della Comunicazione e so bene cosa e come alcune fenomenologie sociali incidono profondamente nella scelta dei linguaggi e dei messaggi.
Si pensa, erroneamente, che la società attuale sia libera, scevra da pregiudizi e giudizi, limiti, gabbie. Tutt’altro. Sembra quasi (parlo specificatamente per la realtà italiana) si stia assistendo ad un processo oscurantista verso un contesto sempre più chiuso, finto, perbenista, bigotto e profondamente ipocrita. E se questo è vero in generale per un’ampia fascia d’età, ancor più vero lo è tra i giovani e i giovanissimi, dove l’unico loro scopo è quello di apparire, con tutte le deviazioni fuorvianti che esso comporta.
Inutile dire che l’era digitale fa la sua parte, facendo credere ai giovani di essere liberi, ma generando dei mostri all’interno di logiche e dinamiche di censura. Ho scoperto però – anche nella realtà siciliana in cui vivo, seppur il Mediterraneo sia il mio vero spazio creativo – che le generazioni adulte, quelle nate all’ombra degli anni ‘60 e ‘70 sono più libere e affrancate da quelle logiche tipiche dei giovani d’oggi.
Come detto il problema è tipicamente italiano, profondamente ipocrita, che nulla ha a che vedere con realtà come quella spagnola, francese, greca che ben conosco, dove la nudità come elemento “sporco” è marginale se non nullo.
Ti faccio un esempio.
Qualche tempo fa, al Paris Photo dove esponevo ed ero ospite della Accademia Anormal, vedevo genitori con bambini o persone anziane, che guardavano, ammiravano, acquistavano fotografia di nudo, come opere d’arte, senza problemi, senza bigottismo, senza ipocrisia. L’Italia è ipocrita. Fine. E non è il paese dove l’Arte del Nudo possa trovare spazio.


LDN – La tua fotografia parla da sé. Non ha bisogno di essere spiegata. Tuttavia se mi è concesso può essere riassunto in un solo concetto. Armonia. Il tuo senso estetico e compositivo è incredibile, il bilanciamento degli spazi e la strutturazione che utilizzi denotano una capacità artistica matura. Mi chiedo se questo livello di maturità è frutto di una tua dote innata o è il risultato di anni di esperienza, studio, contaminazione, approfondimenti.
MV – Sono cresciuto in mezzo all’Arte. Ho studiato Arte (liceo Artistico e poi Università di Architettura a Firenze), ho respirato Arte, sono sempre rimasto affascinato dall’Arte e sono da sempre affascinato dalla ricerca della bellezza in senso assoluto, dall’uso della luce, dei colori, dalla strutturazione compositiva. L’architettura poi mi ha dato un respiro e una visione spaziale della bellezza che credo non avrei potuto apprezzare diversamente.
L’esperienza di Firenze è stata incredibile, perché in quella città sono maturato grazie alle contaminazioni culturali vivendo assieme a poeti, pittori, scultori, musicisti da tutto il mondo che mi hanno aiutato ad aprire la mente e non considerare un solo linguaggio artistico la via giusta, ma un insieme di linguaggi capaci di esprimere un intero… quello dell’Arte.
Detto questo, la Dote è un inizio, una marcia in più, ma non basta. Bisogna studiare, documentarsi, farsi contaminare, avere una mente aperta, cercare, guardare, approfondire, crescere.
Può essere un libro, una mostra, un viaggio, un concerto, partecipare a Workshop. Tutto è perfetto per aumentare la conoscenza e la visione di un mondo che è lì fuori e non aspetta altro di essere goduto, rappresentato e raccontato.


LDN – Raccontaci l’Hashatag #Chiamaminudo che utilizzi sul tuo Social. Che cosa è, perché, cosa nasconde?
MV – #Chiamaminudo è una battaglia che porta avanti da anni, un pò come il tuo #nudeisnotporn.
Mi sono stufato di vedere quello che sta accadendo in Italia. Come te, ho cominciato a fare nudo dopo anni di fotografia, non come avviene oggi che chiunque compri una macchina fotografica, la prima cosa che vuole scattare è il nudo. Questa logica malata si ricollega alla tua prima domanda. Siamo un paese ipocrita… malato. Ci si nasconde dietro ad una macchina fotografica per vedere una donna nuda. Ma come dici tu, una cosa è scattare una donna nuda, una cosa è realizzare un Nudo di Donna. #chiamaminudo è la mia campagna con lo scopo di sensibilizzare e riportare sul giusto binario il concetto del nudo artistico. Il nudo artistico non deve essere fine a se stesso, non deve essere banale, scontato, analfabeta. Deve essere ricco, rappresentato con tatto, sensibilità, significato, senso estetico.
Sono stufo di vedere masse di persone (non li chiamo fotografi) che etichettano la loro insulsa fotografia di donne nude come fotografia di Nudo Artistico. Chiamiamo Nudo quel che è veramente fotografia di nudo. #chiamaminudo.


LDN – Massimo, consentimi un’ultima domanda, apparentemente banale, che tuttavia è estremamente complessa. Che cosa è per te la fotografia?
MV – Non è per nulla banale, anzi, forse è la domanda più difficile e dovrebbe essere rivolta a tutti i fotografi, obbligandoli a dare una risposta che abbia un senso… se non altro per dare a se stessi una risposta. Fin da bambino ero meravigliato da quello che vedevo.
Come qualsiasi bambino, avrei voluto carpire quell’istante come fosse una farfalla. Prenderla, tenerla un istante e poi liberarla. Questa è la mia fotografia.


LDN – Massimo… fermati.. non andare oltre. E’ una delle metafore più belle che abbia mai sentito sulla fotografia. Aggiungere altro è inutile.
MV – No Luca, fammi aggiungere una cosa, per completezza. Quella Farfalla è rimasta invisibile agli altri fino a quando l’ho scattata.
Concludo.
La Fotografia è me. E’ l’espressione di quello che io sono.
LDN – Il tempo vola. Avremmo da aggiungere tantissime altre cose emerse durante l’intervista a voce con Massimo Vecchi durata oltre un’ora. Conosco Massimo da anni e non mi sarei aspettato nulla di meno.
Purtroppo lo spazio è limitato e con rammarico siamo costretti a chiudere qui.
E’ un vero Maestro, illuminante, visionario e da lui si impara sempre.


(Tutte le foto sono di proprietà di Massimo Vecchi e mi sono state concesse per l’intervista. E’ vietata ogni duplicazione o uso improprio senza l’autorizzazione dell’autore)
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