Gian Paolo Barbieri. Un tributo e una delle ultime interviste

Ho avuto l’onore nel 2024 di intervistare Gian Paolo Barbieri, pochi mesi prima la sua dipartita. Un uomo che ha dedicato la sua vita all’arte, alla fotografia e alla moda.
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Un uomo, una vita e le sue visioni fotografiche. Alcuni lo definiscono “The Image Maker”, altri “The Beauty Master”, di fatto Gian Paolo Barbieri è considerato uno dei più grandi fotografi di moda della storia.
Probabilmente è sminuente definirlo solo così: la verità è diversa. Gian Paolo Barbieri è stato e rimane l’uomo che ha saputo raccontare i cambiamenti della società, ha saputo anticipare e testimoniare, con una eleganza ineguagliata, il linguaggio visivo e visionario di una realtà vista da molti, guardata e goduta da pochi.

Da oltre 60 anni, Gian Paolo Barbieri è stato uno dei fotografi internazionali più influenti nell’ambito della moda.
Attraverso lla realizzazione delle più grandi campagne pubblicitarie per marchi internazionali come Valentino, Versace, Ferré, Armani, Bulgari, Chanel, YSL, Dolce & Gabbana, Vivienne Westwood e tanti altri, il lavoro di Barbieri ha riempito le riviste mondiali più prestigiose, con i suoi scatti iconici e senza tempo, per interi decenni.
Barbieri è considerato tra i migliori 14 fotografi di moda al mondo dalla rivista Stern.
In punta di piedi abbiamo bussato alla sua porta per porgergli alcune domande che ci assillano la mente e che, crediamo, solo lui potrà darci una risposta.

LDN – In una recente intervista sul Corriere della Sera, lei spiega come l’occhio artistico si formi e si modelli tramite l’attenta osservazione di quel che ci circonda, attraverso lo studio dell’arte nelle sue forme e nelle sue massime espressioni. Una questione di “attitudine mentale e conoscitiva” che può o deve essere completata con un’attenta preparazione immaginativa e mentale per ciò che vuole sia il risultato del servizio, costruendo i suoi set in maniera impeccabile.
All’interno di questo impeccabile schema, quale ruolo assume l’improvvisazione?
Le è mai capitato durante un set fotografico dover azzerare tutto e improvvisare da zero?


GPB – Mi è capitato di dover fermare un set perché qualcosa non funzionava: la scenografia, le luci, i modelli, io… ma soprattutto l’equilibrio tra tutti gli elementi. Ho fermato il lavoro e l’ho posticipato al giorno dopo, cercando di capire quale fosse il problema. 
“La ricerca e il setting sono passaggi imprescindibili per me, lo scatto è solo l’ultimo passaggio di questo sistema”. 

LDN – Scatarzi, il regista del DocuFilm a lei dedicato, la  ha definita un uomo elegante ed accogliente, due delle tante doti che le si riconosce quando si lavora con lei su un set. Quanto è importante la componente umana e relazionale nella fase creativa?

GPB – Ho sempre messo al primo posto l’empatia, un elemento fondamentale per poter far confluire le energie e la buona riuscita del lavoro. 
“Se non c’è empatia, se non c’è la componente umana che ti permette di connetterti con l’essenza reale, tutto perde di spessore e diviene sicuramente più difficile”. 
Per questa ragione ho sempre considerato la parte conoscitiva con il committente e con il resto degli interlocutori coinvolti, una fase importantissima per la riuscita dello shooting. È necessario capire a fondo chi ho davanti e allo stesso modo desidero che l’altra parte conosca me e si fidi dei miei pensieri, così da ottenere il risultato ricercato. 

LDN – Nelle sue opere fotografiche, l’intero dell’immagine accoglie dettagli, proporzioni, composizioni maggiori e composizioni minori, storie minori dentro la storia principale, quasi in un’opera caleidoscopica che esplode nel suo insieme.
Forse la nostra domanda le sembrerà banale, ma le assicuro che non lo è, almeno per noi.
La domanda è: “Perché?”


GPB – Ogni volta per me è un nuovo inizio. Ha presente quando si chiede di raccontare una storia di fantasia? Ecco, per me ogni volta significa questo e vuol dire proiettare il mio immaginario e farlo diventare realtà, contaminandolo con la Wunderkammer collezionata nella mia mente. 
“Il girotondo di spunti, raccolti con cura durante la mia vita, si riunisce per creare un racconto sempre diverso”

LDN – Osservazione della realtà e capacità di reinterpretazione di questa, sottraendo dalla prima e aggiungendo/trasponendo al fotogramma. Una dicotomia sequenziale per molti artisti fondamentale, ma spesso letale.
Come affronta questo processo di conversione creativa? Quali sono gli elementi chiave con cui lei si confronta per creare le sue opere fotografiche?


GPB – La mia guida è sempre stata l’arte in tutte le sue declinazioni.
“I punti di riferimento che ritrovavo nel cinema, nel teatro, nella pittura, nella scultura e nella letteratura, si rendevano accompagnatori delle trasposizioni da realtà a immaginazione e viceversa”
Così raccoglievo tutto ciò che potesse essermi utile, disegnavo e appuntavo nei miei quaderni e una volta sentito, ciò che avevo immaginato, prendere forma nella realtà e solo allora iniziavo a scattare. 

LDN – Quando un fotografo può considerare di aver raggiunto un’autonomia artistica?
Quando può sentirsi libero di scegliere e di proporre in totale autonomia idee, concept, storie, anche nei confronti di committenti esigenti e capricciosi?


GPB – Non credo esista una regola, sicuramente l’esperienza è il motore principale e la cultura anche.
“I tempi sono cambiati e il curriculum del fotografo diventa sempre più importante, essendo vicini ad una saturazione del mercato”
Ma prima di tutto c’è la percezione che si ha di sé stessi. Ed è importantissimo conoscersi ed ascoltarsi per essere in grado di proporsi ai clienti, anche a quelli più impegnativi. 

LDN – Come è stato vedersi raccontato nel film biografico “L’uomo e la Bellezza” diretto da Scatarzi e in distribuzione in primavera nei cinema italiani?

GPB – Inizialmente ero un po’ scettico e anche se in passato può essere sembrato diverso, non amo essere al di là di un obiettivo, soprattutto per raccontare la mia storia. Ma Emilano Scatarzi insieme a Federica Masin e Caterina Teoldi di Moovie Production riuscirono a convincermi e devo dire che ora sono molto felice; sarebbe stato un gran rimpianto non aver iniziato e portato a termine questo percorso. Sicuramente sono rimaste fuori tante persone che hanno segnato la mia vita, per un discorso di tempi era impossibile intervistare trasversalmente tutti coloro che mi hanno accompagnato lungo il percorso, ma devo dire che è stato un po’ come guardarsi allo specchio e riconoscersi. 

LDN – Con il suo straordinario gesto mecenatico, affidando il compito di preservare e diffondere il proprio lavoro all’omonima Fondazione, è indubbio il suo desiderio di lasciare un messaggio ai posteri e ai giovani. Non a caso alla Fondazione sono stati affidati oltre un milione di scatti tra opere vintage, negativi, positivi, soprattutto di opere minori, ma non per questo meno importanti. In un’epoca come la nostra – veloce, confusa, pervasiva, superficiale – cosa vorrebbe dire e regalare alle prossime generazioni? Guardando le sue opere, i futuri artisti e fotografi cosa dovrebbero saper cogliere, imparare?

GPB – Non so; vorrei solo che il mio lavoro diventi realmente di ispirazione per qualcuno e che l’archivio rimanga uno di quegli anelli che legherà le nuove generazioni ad un tempo in cui la percezione del mondo era diversa, meno effimera di ora e con lui il modo di concepire la fotografia, con un altro sapore e spessore. 
“Spero che l’importanza della cultura, leitmotiv del mio lavoro, rimanga impresso a coloro che vogliano avvicinarsi alla fotografia”



Ringraziando Gian Paolo Barbieri, ricordiamo la sua recentissima mostra UNCONVENTIONAL aperta fino al 25 marzo 2023 presso 29 ARTS IN PROGRESS di Milano, che propone al pubblico immagini innovative in termini di ambientazioni e styling, frutto dell’inconfondibile ingegno dell’Artista: una fotografia ironica e allo stesso tempo colta, ricercata e provocatoria insieme, ricca di rimandi alla storia dell’arte, di eclettici set outdoor in location esotiche e citazioni cinematografiche eco dell’esperienza giovanile agli studi di Cinecittà a Roma.
In mostra scatti intimi e spontanei di modelle e celebrity come Eva Herzigova, Isa Stoppi e Donatella Versace si alternano ad iconiche fotografie che Barbieri – tra i più brillanti interpreti del Made in Italy – ha concepito per alcune delle più leggendarie campagne pubblicitarie per brand di moda italiani e internazionali come Versace, Ferré, Vivienne Westwood, Dolce & Gabbana, Valentino e Armani.

(Tutte le foto sono di proprietà di Massimo Vecchi e mi sono state concesse per l’intervista. E’ vietata ogni duplicazione o uso improprio senza l’autorizzazione dell’autore)

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